Manibus Magazine

10×100 Project

di Marco Tagliafierro 

Nel 2019 Giovanardi ha festeggiato i suoi primi cento anni di attività. Si tratta di un’impresa che non ha a che fare con un solo materiale o con una tecnologia prevalente, ma è per sua natura proteiforme. Storicamente specializzata nella progettazione esecutiva e nella realizzazione su commissione di espositori e packaging in materiale plastico e metallico, ha nel suo dna la capacità di interpretare i desideri più complessi dei brand della moda, del design e del lusso, di tradurli in display, in vere e proprie scenografie, oltre che oggetti.
Per celebrare questo importante anniversario Massimo Giovanardi ha avviato un progetto inedito basato sul profondo dialogo dell’azienda con alcune delle più interessanti voci della creatività di oggi: 10 x 100 fabbrica d’arte contemporanea è un’iniziativa inaugurata nell’autunno 2019 e pensata per promuovere l’ibridazione dei linguaggi e delle competenze dell’industria e dell’arte.
La mostra è stata cocurata da me insieme a Martina Cavallarin, la cui pragmaticità e la capacità di entrare in riverberazione con Giovanardi hanno conferito un’impronta fondamentale al progetto il quale, grazie anche al coordinamento scientifico di Giovanna Felluga, ha trasformato l’azienda in un vero e proprio laboratorio progettuale ed esecutivo.
I tre ricercatori, specializzati nell’ambito arte e impresa, si sono ritrovati uniti sotto l’ala protettiva di Giovanardi per poi proseguire in questa direzione con tre progetti autonomi: Martina Cavallarin con Manibus, Giovanna Felluga con Wall&Decò e Marco Tagliafierro con Gottifredi Maffioli.

Dieci sono stati gli artisti coinvolti nel progetto: Alessandro Agudio, Marie Denis, Marotta & Russo, Jacopo Mazzetti, Daniele Milvio, Gianni Moretti, Ricardo Paratore, Riccardo Previdi, Michele Spanghero e Patrick Tuttofuoco. Ognuno di loro è stato selezionato direttamente dai curatori secondo caratteristiche specifiche, tra cui ad esempio l’attenzione all’aspetto estetico-formale finale dell’opera e una buona inclinazione al confronto con l’azienda.
Alcuni hanno lavorato sulla trasfigurazione immaginifica della materia, altri hanno acquisito il punto di vista dell’oggetto dismesso dalla vetrina, altri si sono concentrati sulla rielaborazione materica, portando alla luce i limiti estremi dell’uso dei materiali e dei processi, a volte rovesciandone il senso, forgiando nuove possibilità. Producendo uno scambio di informazioni di altissimo livello tecnico.
Le opere opere realizzate, dopo quasi tre anni dalla conclusione della mostra, continuano a vivere come monadi indipendenti, attraverso l’esposizione in singole mostre. In particolare, Patrick Tuttofuoco ha recentemente tentanto di portare la sua opera No Space ad una speciale visibilità, mentre Riccardo Previdi in occasione della mostra in collaborazione con Wall&Decò si è trovato a trasporre gli stessi segni indagati attraverso il medium della scultura in soggetti per carta da parati.

L’arte è di fatto un’interfaccia perfetta tra pensiero e téchne, tra indicibile e abilità tecnica o tecnologica. Se per secoli la pratica artistica si è basata su scalpello, pennello, botteghe e artigianalità, oggi è accomunata, in molti casi, a strumenti di alta precisione e tecnologie industriali: stampanti 3D, tagli laser, termosaldature, macchinari per la lavorazione di PVC, poliuretano, fibre di vetro, gomme e materiali sintetici di ogni tipo. Avere accesso a questi strumenti di precisione non è però una condizione comune a ogni artista (per via dei costi, soprattutto). Tramite il progetto di residenza 10×100, che ha avuto luogo proprio all’interno della fabbrica, la Giovanardi Spa ha deciso di mettere a disposizione le sue risorse per la realizzazione di nuove opere, in un percorso di collaborazione e dialogo tra artisti e operai specializzati che ha dato vita ad uno scambio umano e professionale reciproco.
E’ un processo complesso quello che si viene a stabilire tra le due voci, con profonde radici nella storia, quando il dialogo tra arte e impresa poteva apparire meno distante perché entrambe guardavano all’artigianato come punto di contatto. Materia e materiale sono due termini attraverso i quali è possibile illustrare il rapporto tra l’artista e l’impresa, dove il primo termine raffigura la realtà sui cui l’artista posa il suo guardo sovversivo, mentre il secondo è l’oggetto della produzione, sia industriale sia artigianale, al quale frequentemente la tecnologia apporta un contributo sostanziale. Si tratta di un confronto tra due esperienze antitetiche, azienda e artisti, che hanno in comune le stesse materie.
Un binomio, quello tra il mondo artistico e l’universo imprenditoriale che, dalle sue radici in epoca moderna, al nostro tempo, ha riservato sorprese inaudite e che, oggi, è tornato in auge secondo nuove modalità.
Grazie ad un’esperienza decennale di collaborazioni tra artisti e aziende, tra cui Sheila Hycks con Loro Piana, Nicola Martini con Laterlite e Sophie Usunier con Frankie Morello, ho infatti tentato di individuare una strategia fondata sull’interazione tra arte ed impresa ad alto contenuto tecnico, fondata sulla reciprocità di sguardo ed esplicitata in un metodo sviluppato sul dialogo.
La collaborazione tra un gruppo di artisti e un’attività produttiva di tipo industriale infatti, può risultare proficua se intesa come azione volta all’esplicitazione delle proprietà latenti della materia oltre la disponibilità del materiale. Così gli artisti coinvolti, guidati da un folto gruppo di tecnici compiono una sorta di stage, usufruendo della possibilità di utilizzare macchinari avanzatissimi, trovandosi inoltre ad esplorare qualità dei materiali di cui non conoscevano l’esistenza, restituendo anche attraverso il loro sguardo trasversale delle scoperte utilissime per l’azienda, al fine di sbloccare meccanismi ossidati nel tempo.

Punto di partenza di queste interazioni è lo studio della proprietà inespresse della materia che viene lavorata o trasformata dal processo produttivo, cui segue l’individuazione della rosa di artisti tra i quali scegliere chi è in grado di esprimere maggiore interesse e sintonia.
Indispensabili sono gli incontri che si susseguono, con le visite dell’artista all’azienda e dell’azienda nell’atelier affinché emergano obbiettivi condivisi. E’ in questa fase, e non solo, che il curatore agisce come traduttore in grado di favorire il manifestarsi di nuove idee e di fare in modo che l’artista, cammin facendo, scopra possibilità applicative di materie e macchine mai comprese prima, grazie all’alterità del suo sguardo.

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